Created on 22 Feb 2022 ;    Modified on 23 Feb 2022

La recensione di Intelligenza emotiva

Abbiamo letto il saggio "Intelligenza emotiva": di Daniel Goleman, pubblicato da BUR Rizzoli. Ed eccoci qui, anche se per i saggi è molto più faticoso che per i romanzi, a riportare in questo articolo le nostre impressioni.

Riferimenti

Periodo di lettura: Dicembre 2021-Febbraio 2022, recensione: Febbraio 2022

Titolo: Intelligenza emotiva
Titolo originale: Emotional intelligence
Sottotitolo: che cos'è e perché può renderci felici
Editore: Rizzoli Libri, Trento 2018
Pagine: 486
ISBN: 978-88-17-05016-6
Prezzo di copertina: 11,00€


Contenuto

Parte prima: l'intelligenza emotiva (pag.17)

Goleman mette in rilievo l'importanza cruciale delle emozioni quando si affrontano momenti critici. E come nel nostro cervello siano presenti due diversi aspetti: la mente razionale e quella emotiva.

Sono aspetti che normalmente convivono armoniosamente, ma che possono facilmente entrare in conflitto. Questo perché le emozioni sono generate dal tronco cerebrale e dal sistema limbico, la parti più anticche del nostro cervello. Mentre il pensiero razionale scaturice dalla neocorteccia, la parte più esterna del cervello, sviluppatasi nel corso di milioni di anni di evoluzione, affiancando [1] quelle più antiche.

D'altro canto la neocorteccia e il sistema limbico sono interconnessi: e questo permette al sistema limbico di sopraffare la neocorteccia in quelle situazioni dove scatta la sensazione di pericolo. E scattare è la parola giusta: la risposta è fulminea [2], molto più rapida di quella della neocorteccia, che ha bisogno di tempo per analizzare e reagire razionalmente alla situazione.

Siamo in presenza di meccanismi di reazione automatici messi a punto milioni di anni fa ed ancora presenti, praticamente intatti nel nostro cervello. Meccanismi che servivano alla sopravvivenza dell'individuo in ambienti fortemente ostili. E che ora, in una società dove le interazioni tra appartenenti alla stessa specie hanno sostituito quelle predatore/preda, possono essere controproducenti.

Tra il talamo, che raccoglie e ricorda i segnali sensoriali di input e il sistema limbico [3], che scatena l'emozione associata all'input ricevuto, di solito si interpongono i lobi prefrontali, che effettuano una sommaria elaborazione cognitiva. In particolare il lobo prefrontale sinistro sembra essere in grado di frenare l'insorgere delle risposte emotive negative.

Quindi molti neuroricercatori oggi ritengono che una personalità armoniosa e intelligente non sia solo effetto del pensiero razionale [4], ma di una collaborazione efficace tra mente razionale e mente emotiva. Una persona dotata di sola razionalità è destinata ad avere interazioni sociali insufficienti e/o errate, dando luogo nel tempo ad una condotta di vita profondamente insoddisfacente.

parte seconda: la natura dell'intelligenza emotiva (pag.61)

Esiste una netta distinzione tra capacità razionali, misurate dal Qi e dai punteggi SAT [5], e capacità emotive: l'intelligenza emotiva, appunto.

L'intelligenza emotiva non è data solo dalle emozioni in fasi critiche, di cui si è parlato nella parte prima.

Vi è anche la capacità di motivarsi. Di essere costanti nel perseguire gli obiettivi che ci si è posti. Di controllare gli impulsi. Rimandare le gratificazioni. Controllare i propri stati d'animo, armonizzandoli con il pensiero razionale. L'essere empatici. Ed essere capaci di sperare.

L'insieme di queste capacità ha un peso pari o superiore al Qi. E, mentre vi sono dubbi riguardo la possibilità di migliorare il Qi, invece esistono evidenze riguardo la possibilità di apprendere e migliorare le competenze emozionali.

Un punto di svolta importante per la rivisitazione dell'influenza del Qi è la pubblicazione nel 1983 del libro Formae Mentis di Howard Gardner. In esso l'autore estendeva l'analisi delle capacità mentali da quelle classiche, ovvero le capacità verbali e quelle logico-matematiche, includendo anche la capacità di analisi spaziale, la cinestesi [6], la capacità musicale, la capacità d'interazione verso altre persone e quella di analisi di se stesso [7].

In questi ultimi decenni sempre più psicologi si sono chiesti come considerare il rapporto tra intelligenza ed emozioni. Come portare un'area ad interagire con l'altra.

In particolare Peter Salovey ha esteso la nozione di intelligenza personale di Gardner considerando cinque ambiti:

  • la conoscenza delle proprie emozioni;
  • il controllo delle emozioni;
  • la motivazione di se stessi;
  • il riconoscimento delle emozioni altrui;
  • la gestione delle relazioni.

Comunque, parlando di emozioni, è fondamentale essere in grado di comprendere i propri sentimenti nel momento in cui questi si formano. Spesso si reagisce in base all'emozione senza essere consapevoli di essere in sua balia.

Come la metacognizione è la consapevolezza dei propri processi di pensiero, la metaconsapevolezza [8] è la consapevolezza dei propri stati interiori.

Stati interiori che non vanno soppressi, ma sopportati in modo equilibrato [9]. E non devono essere monocordi. Esistono sia le emozioni positive che quelle negative: vanno accolte entrambe. E se non è possibile prevedere in quale quale momento saremo assaliti d una emozione, nè di quale tipo di emozione si tratti, è possibile cercare di controllare la sua intensità e durata. In particolare quando l'intensità e la durata sono estremamente rilevanti.

L'emozione più difficile da controllare è la collera. Si possono mettere in discussione i pensieri che l'hanno generata, ma è fondamentale riconoscerla e cercare di incanalarla non appena scaturisce. Se non lo si fa, si autoalimenta con pensieri che possono amplificare la realtà, o addirittura essere scollegati da questa. In tal caso diviene molto difficile controllarla. È importante seguire il consiglio del maestro tibetano Chogyam Trungpa: "non sopprimetela, ma non agite mai sotto il suo impulso". Dare sfogo alla collera non sembra sia un buon meccanismo per riuscire a controllarla e/o diminuirla.

Altra emozione che può divenire negativa è l'ansia. Anche questo è un meccanismo di difeasa per la sopravvivenza. E, in quanto tale, va bene se presente nelle giuste dosi. Ma se si presenta spesso con livelli elevati e duraturi, oppure addirittura cronica, allora può divenire molto negativa. In questo caso si generano preoccupazioni in sequenza infinita che tengono l'individuo in un continuo stato di stress. È necessario riuscire a distrarre i pensieri offensivi distraendosi con tecniche di rilassamneto, per poi contrastare ativamente i pensieri che hanno generato le preoccupazioni.

È molto grande anche lo sforzzo per contrastare la tristezza. Anche questa va gestita se raggiunge livelli elevati e se dura per periodi di tempo prolungati. Sino a divenire, nei casi peggiori, vera e propria depressione, perdendo la speranza di poterla superare. In questi casi è fondamentale evitare di continuare a pensare alla propria depressione: mettendo in discussione i pensieri che la sottendono e programmando eventi piacevoli. Riguardo la necessità di modificare i pensieri depressivi, fondamentale è il reinquadramento cognitivo, ovvero considerarli in modo diverso.

Quando le emozioni negative sono preponderanti, bloccano le capacità razionali, incluse quelle di apprendimento. In particolare viene bloccata la memoria di lavoro [10].

Viceversa le emozioni positive [11] influenzano costruttivamente il perseguire i propri obiettivi. Così come la capacità di controllare i propri impulsi, che è considerata la capacità più importante ai fini del controllo delle proprie emozioni.

Anche la capacità di sperare, fino ad arrivare all'ottimismo (realistico), e alla fiducia in noi stessi, ci influenza positivamente.

L'insieme di queste emozioni positive, può condurci in uno stato mentale particolare, detto il flusso [12]. In questo stato il soggetto perde consapevolezza dell'ambiente e si concentra completamente sull'attivià in corso, raggiungendo senza sforzo apparente obiettivi elevati. Questo è l'apice dell'intelligenza emotiva. Da notare che lo stato di flusso può essere raggiunto anche durante l'apprendimento.

Un altro aspetto da considerare è l'empatia, che origina dalla consapevolezza di sè. Chi è in grado di analizzare i propri sentimenti, solitamente è anche capace di percepire quelli altrui.

Si osservano comportamenti empatici sin dalla più tenera età. E i bambini la imparano anche osservando i comportamenti degli altri, e, sopratutto, tramite i propri genitori, che a loro volta trasmettono, o no, al bambino i segnali di conferma della percezione del sentimento del piccolo. L'assenza di sintonia tra genitori e figli ha un costo emotivo molto elevato per i figli.

Vi sono ricercatori che ritengono l'empatia sia la causa prima della moralità. Questo perché i problemi morali si occupano di potenziali vittime. E l'empatia è un potente strumento per percepire il dolore altrui. D'altro canto l'assenza di empatia è spesso presente nella personalità di figure socialmente critiche o, addirittura, criminali.

Anche le capacità di gestire le emozioni altrui cominciano a manifestarsi precocemente nei bambini. Solitamente dai due anni in poi. E per poterlo fare, il bambino deve essere in grado di provare empatia e autocontrollo. Quando sviluppa queste capacità, comincia la maturazione dell'abilità sociale, ovvero relazionarsi con gli altri.

E nel relazionarsi con gli altri deve essere in grado di esprimere i propri sentimenti in forma controllata [13]. Questa capacità è estremamente importante per un comportamento sociale appropriato.

Gardner e Thomas Hatch hanno classificato le capacità sociali (intelligenza interpresonale) in quattro aree principali:

  • organizzare gruppi;
  • negoziare soluzioni;
  • stabilire legami personali;
  • analizzare la situazione sociale.

parte terza: intelligenza emotiva applicata (pag.211)

Uno dei contesti in cui le dinamiche emotive sono più evidenti è quello coniugale. E quanto gli individui non siano abituati ad esse è testimoniato dall'andamento dei divorzi negli Stati Uniti. Nel 1890 divorziavano circa 10 coppie su 100. Cento anni dopo, nel 1990, questa percentuale era salita a circa il 67%. A fronte di un contesto sociale sempre più articolato, che richiede interazioni emotive più sofisticate, le persone non riescono ad adottare modelli d'interazione emotiva più evoluti di quelli che hanno vissuto nelle loro famiglie d'origine.

E mentre le ragazze vengono usualmente educate ad una maggiore attenzione agli aspetti emotivi, i ragazzi sono spinti ad adottare modelli comportamentali più soggettivi e competitivi. Questa differenza fa sì che l'interazione dei coniugi possa essere squilibrata, portando moglie e marito a sentirsi vicendevolmente incompresi. Situazione cui spesso le donne reagiscono assumendo un atteggiamento pessimista, favorendo critiche e disprezzo verso il marito. E quest'ultimo a sua volta tende a reagire con un comportamento ostruzionistico, che blocca la possibilità di empatia verso la moglie. Questi sentimenti tendono a divenire automatici, autoconfermandosi, e alimentando continuamente collera e risentimento. Dando luogo a sequestri emozionali che impediscono una analisi equilibrata della situazione.

Il risultato di tutto ciò è una inondazione: ovvero un sequestro emozionale che si autoalimenta all'infinito. Una persona in queste condizioni piega ai propri sentimenti negativi tutto ciò che accade, perdendo equilibrio e lucidità di analisi.

Quando questo accade spesso i coniugi percepiscono la situazione come "irreparabile". Si isolano l'uno dall'altro conducendo vite parallele e indipendenti, e sentendosi soli. Quasi sempre l'esito finale è la dissoluzione del matrimonio.

Si osserva che, durante un litigio coniugale, sono gli uomini ad essere più a disagio. I mariti attivano lo stato di sequestro emozionale con livelli di stress molto inferiori a quelli necessari per attivare le mogli. E agli uomini serve più tempo per riprendersi da un sequestro emozionale. Forse questi aspetti sono il motivo per cui gli uomini ricorrono più frequentemente delle donne a processi di "ostruzione": può essere un tentativo di autodifesa per evitare di cadere in stati di sequestro emozionale. E, per il motivo opposto, più facilmente le donne ricorrono alla critica verso il partner. E così facendo spingono il marito a maggiori livelli di ostruzionismo, che a loro volta aumentano le critiche della moglie. È un feedback positivo che amplifica il conflitto.

Per questo, per mantenere nel tempo un rapporto di coppia, è necessario non evitare i conflitti (ostruzione). E accettare eventuali critiche alla persona valutando il fatto che sono reazioni esagerate che vengono attuate proprio per non rompere il rapporto. D'altro canto per le donne è necessario attuare il comportamento complementare: criticare l'azione e non la persona. Così come evitare di concentrarsi su problemi specifici. Al contrario: usare l'ascolto [14] e l'empatia per arrivare a soluzioni che siano accettabili da entrambi. E questi atteggiamenti devono essere adottati con grande costanza perché le derive sono sempre possibili. Infatti, come affermato all'inizio, i comportamenti emotivi dei coniugi provengono dalla loro formazione durante l'infanzia. In quanto tali, difficilmente "scompariranno". Sarà necessaria una costante vigilanza per tenerli sotto controllo.

A proposito di controllo: è fondamentale avere la capacità di calmarsi quando si entra in uno stato di sequestro emozionale. Perciò è il caso di accordarsi sul fatto che durante una discussione chi sente l'arrivo di un sequestro emozionale chieda al partner una pausa di una mezz'ora per lasciarlo passare e poi riprendere la discussione con calma.

È centrale il concetto di ascoltare e parlare senza stare sulla difensiva e senza effettuare attacchi personali. A questo fine, secondo Haim Ginott, il modo migliore è protestare secondo il modello XYZ: hai fatto X, mi ha fatto sentire Y, avrei preferito avessi fatto Z.

Attuare queste strategie richiede allenamento. Infatti durante un sequestro emozionale la mente reagisce secondo schemi già acquisiti, non ragiona. Quindi dobbiamo acquisire gli schemi di comportamento che vogliamo adottare prima delle eventuali discussioni. E per fare ciò è necessario allenarsi in contesti neutrali. Un pò come fanno le guardie del corpo che si esercitano a reagire alle minacce in modo automatico: utilizzando la memoria muscolare.

Un altro campo in cui l'intelligenza emotiva ha un elevato impatto è la direzione di organizzazioni e gruppi di lavoro. Nel contesto odierno, caratterizzato da tempi sempre più brevi e necessità di interfacciarsi con culture diverse, vale il detto: "lo stress rende la gente stupida". Per questo pensare di ricorrere alla guida di una organizzazione utilizzando esclusivamente forme di comando è meno efficace rispetto il riuscire a far cooperare il gruppo. E per fare ciò è necessario ricorrere ad un attento uso dell'intelligenza emotiva, sia da parte del capo che da parte delle persone che lo compongono.

Ad esempio si pensi all'impatto nell'ambiente di lavoro se si è abituati a criticare le persone. O se le diversità sono motivo di scontro, invece di occasioni per analizzare modi diversi di raggiungere un obiettivo. Ed infine il fatto che un gruppo di lavoro armonioso è in grado di mettere a fattor comune capacità diverse, amplificandole e raggiungendo traguardi che un singolo non sarebbe mai in grado di ottenere.

Continuando ad analizzare alcuni contesti in cui l'intelligenza emotiva gioca ruoli chiave, viene in mente l'ambito sanitario.

Non vi è dubbio che in questo contesto il paziente, se affronta una diagnosi impegnativa, è fortemente stressato, e quindi emotivamente coinvolto. Ormai il fatto che le emozioni del paziente influiscano pesantemente sul decorso della malattia è scientificamente provato. Non si tratta di miracoli: purtroppo una prognosi infausta non viene ribaltata da un atteggiamento ottimista. Ma in ogni caso si hanno profondi impatti, quali la durata dell'aspettativa di vita, e la qualità della stessa. Se poi la prognosi non è infausta, a maggior ragione un atteggiamento emotivamente ottimista ha risvolti positivi per il paziente.

Mentre i sentimenti negativi, quali ansia, collera e pessimisto, hanno effetti decisamente infausti per i pazienti che li coltivano.

Se poi il personale sanitario è in grado di entrare in sintonia con il paziente, dando comprensione, e ottimismo, tutto ciò viene ulteriormente amplificato. Per questo motivo oggi molti ricercatori sono convinti della necessità di affiancare all'assistenza medica vera e propria quella emotiva.

Parte quarta: un'occasione da cogliere (pag.305)

Come accennato nella parte terza, i meccanismi emotivi di un individuo si formano durante la prima infanzia. E a questo riguardo sono fondamentali le interazioni tre genitore e figlio. E genitori emotivamente intelligenti hanno influssi benefici sui loro figli.

I comportamenti inadeguati più comuni tra i genitori sono:

  • ignorare i sentimenti del figlio;
  • avere un atteggimento troppo accondiscendente;
  • non rispettare i sentimenti del figlio.

Mentre i genitori più adeguati, cercano di incanalare le esperienze negative del figlio comprendendo i suoi sentimenti e mostrandogli come potrebbe reagire in modo emotivamente positivo. Bambini con questo tipo di genitori hanno riscontri migliori sia fuori che dentro l'ambito scolastico. In particolare dimostrano: fiducia, curiosità, intenzionalità, autocontrollo, connessione con gli altri, capacità di comunicare e capacità di cooperare.

Bambini che vengono ignorati dai propri genitori, vengono danneggiati quanto, se non di più, di quelli che subiscono veri e propri maltrattamenti. In particolare i bambini maltrattati imparano a reprimere la propria empatia. Mentre quelli che hanno genitori aggressivi, ereditano a loro volta lo stesso comportamento aggressivo.

I traumi lasciano segni profondi nella mente, come testimoniano gli studi su pazienti affetti da PTSD [15]. Si parla di segni fisici. È stato verificato che queste persone reagiscono fisicamente anche a situazioni non minacciose: il loro sistema limbico si attiva con livelli di minaccia infimi. In questi casi, una volta che il sistema limbico è stato riprogrammato dagli eventi catastrofici subiti, si bloccano i meccanismi [16] che usualmente permettono di superare la causa della paura. In questi casi è necessario attivare meccanismi di riprogrammazione a livello di neocorteccia.

Il lavoro dei terapeuti e neuroscienziati che hanno indagato su pazienti che hanno subito traumi ha dimostrato che i segnali fisici dall'amigdala partono anche dopo le diverse terapie effettuate. Ma quello che i soggetti imparano è il controllo di questi segnali, attenuandone l'effetto e diminuendo i tempi necessari alla ripresa dopo un eventuale sequestro emozionale.

Se è possibile rimodulare e controllare le reazioni emotive apprese dal sistema limbico, cosa si può fare riguardo le reazioni emotive che invece provengono dalla nostra predisposizione genetica? Queste reazioni sono quelle che formano il temperamento di un individuo: timido, spavaldo, allegro, malinconico.

Si pensa che la differenza tra timidezza e spavalderia sia in un circuito della amigdala che reagisce di fronte a situazioni non familiari. Nel caso di timidi il circuito è ipersensibile: reagisce troppo. L'inverso nel caso di bambini spavaldi.

Invece sembra che la differenza tra soggetti allegri e quelli malinconici sia fisicamente localizzata nella corteccia prefrontale. Le persone con maggiore attività nel lobo prefrontale sinistro sono allegre. Quelle con maggiore attività nel lobo prefrontale destro sono malinconiche.

In ogni caso si è osservato che durante l'infanzia il cervello dei primati è sede di meccanismi che lo modellano in funzione delle esperienze, sia fisiche che comportamentali.

Il fatto che questi meccanismi di modellizzazione siano attivabili anche in età adulta, palesa possibilità di modifica e adattamento dell'intelligenza emotiva durante tutta la vita della persona. Però va tenuto presente che è durante l'infanzia che l'efficacia dei meccanismi suddetti è massima. È in questo periodo che si dovrebbe avere la più grande cura di sviluppare queste abilità.

Parte quinta: alfabetizzazione emozionale (pag.371)

Negli ultimi decenni gli episodi di violenza, i suicidi, l'uso di droghe e la necessità di ricorrere a cure psicologiche negli adolescenti sono in costante aumento. A questo si accompagna un costante deterioramento delle condizioni di vita in famiglia.

Quando un bambino è incline all'uso della violenza, spesso a causa delle condizioni familiari, viene emarginato dai compagni di scuola e solitamente ha rendimenti scolastici insufficienti a causa della scarsa capacità alla disciplina. Questi bambini hanno una probabilità del 50% di divenire dei delinquenti in età adulta. Programmi sperimentali di addestramento all'autocontrollo hanno dimostrato che questi bambini possono essere aiutati a smorzare l'aggressività, ottenendo risultati durevoli. Ad esempio riscontrabili anche durante la frequenza delle scuole superiori.

Un altro problema in aumento nell'ambito giovanile è la depressione. I bambini che hanno una visione pessimistica hanno una elevata probabilità di avere episodi di depressione. Sopratutto se sono vittime di un grave trauma.

Progetti pilota hanno dimostrato che la tendenza alla depressione può essere contrastata abituando i bambini ad analizzare ciò che capita con modelli diversi da quelli che gli sono abituali. Se si opera in tal modo prima che si verifichi il primo episodio di depressione, vi sono buone probabilità che la persona riesca a fronteggiare la depressione anche in età più avanzata.

Pure i disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia, sono in aumento tra i giovani. I ragazzi affetti da questi disturbi presentano quasi sempre una spiccata incapacità di analizzare i propri sentimenti dolorosi. Anche in questi casi è necessario abituare questi ragazzi a riconoscere e gestire le proprie emozioni negative.

Altro contesto da analizzare è quello dei ragazzi che hanno capacità di riconoscimento dei segnali emotivi inferiori alla norma. Questi individui usualmente sono etichettati come antipatici dagli altri bambini. Sia l'Università dell'Illinois che la Emory University hanno sperimentato corsi ad hoc per questi bambini, ottenendo risultati notevoli.

L'uso di alcol e di droghe per rimediare ad uno stato di disagio, o per festeggiare un obiettivo raggiunto, è piuttosto diffuso tra gli adolescenti. Ma una minoranza [17] vi rimane invischiata permanentemente. Si pensa che chi usi abitualmente queste sostanze lo faccia per contrastare costantemente ansia, rabbia, depressione. Il loro utilizzo li fa sentire bene, come se fosse un medicinale. E in tal modo si innesca il meccanismo di dipendenza.

Vi sono studi che associano l'alcolismo a persone che soffrono di disturbi dell'ansia o di agitazione e impulsività. Mentre i depressi spesso cadono nella trappola dell'uso della cocaina per alleviare il proprio dolore. Le persone con problemi di irascibilità invece spesso si rivolgono all'uso di oppiacei (eroina).

Il controllo delle dipendenze tramite opportuni programmi psicologici ormai è stato dimostrato da esperienze decennali. Ad esempio dagli Alcolisti Anonimi per combattere la dipendenza da alcol.

In generale è socialmente importante organizzarsi per contrastare i problemi prima che sorgano, e non dopo che sono divenuti evidenti. Vi sono più fattori che collaborano alla formazione di personalità con scarse capacità di controllo emotive: famiglia, condizioni economiche, contesto sociale. Premesso che la società dovrebbe porsi il problema di migliorare le condizioni predette, è anche necessario ricorrere ad appositi programmi d'insegnamento con lo scopo di migliorare l'intelligenza emotiva degli individui.

Negli Stati Uniti vari istituti scolastici stanno sperimentando cosi di educazione per migliorare l'intelligenza emotiva. Alcuni di questi insegnamenti [18] hanno esperienza ormai ventennale, e hanno dimostrato la loro efficacia sia in ambiti sociali della classe media americana, che in contesti più problematici. In alcuni casi, per non sovraccaricare gli insegnanti, si inseriscono insegnamenti di intelligenza emotiva in corsi già esistenti, riguardanti materie classiche.

Comunque si decida di intervenire, è fondamentale calibrare il tipo di insegnamento in funzione dell'età dei ragazzi.

Secondo Coleman tutto ciò ha una notevole influenza sul modo in cui è necessario vedere l'istituzione scolastica. Non più una organizzazione esistente solo per insegnare materie da apprendere, ma uno strumento anche per impartire lezioni di vita agli studenti. E se le scuole si riuscissero a coordinare con quanto avviene in famiglia, si otterrebbe una sinergia positiva tra i diversi ambienti che formano in gran parte l'esperienza di vita dei ragazzi.

Coleman conclude analizzando i dati, in continua crescita, degli scontri a fuoco che coinvolgono adolescenti negli Stati Uniti. Adolescenti non abituati a gestire gli attriti senza ricorrere alla violenza, e che hanno sempre più facile accesso all'uso delle armi.

Impressioni

Di solito è difficile analizzare un saggio. Spesso l'autore presenta le proprie opinioni come verità incontrovertibili. E, altrettanto spesso, non è detto lo siano.

Ad esempio, prendiamo un personaggio che stimiamo molto: Noam Chomsky. In questo blog abbiamo recensito uno dei suoi saggi: Lotta o declino. Premesso che condividiamo molte delle sue opinioni, però non possiamo fare a meno di pensare che si tratti proprio di questo: opinioni. Sia pure le opinioni di un uomo saggio.

In questo caso Daniel Goleman sembra avere percepito questa possibile critica, e vi ha posto rimedio in modo semplice ed efficace: il suo libro è letteralmente farcito di riferimenti agli studi scientifici che supportano via via quanto afferma. Un modo di fare che si confà a questa eclettica figura di giornalista scientifico, che ha scritto per il New York Times con particolare attenzione alle neuroscienze e alle scienze comportamentali.

Certo, se non si vuole credere a qualcosa, non vi è evidenza scientifica che tenga. Come dimostrano i vari movimenti che discreditano la ricerca scientifica facendo affermazioni che, secondo loro, non temono smentite. A partire dal fatto che il pianeta Terra è piatto. O che i vaccini sono più pericolosi delle malattie per le quali sono stati messi a punto.

Ma chi, come noi, ha studiato un pochino di matematica, fisica e statistica, tende a dare credito a chi fa ricerca scientifica. Certo anche i ricercatori possono sbagliare. Ed infatti l'essenza del pensiero scientifico consiste proprio nello scetticismo: chi afferma qualcosa deve dimostrarla pubblicamente ed attendersi le critiche di ritorno. Critiche che non servono a smontare aprioristicamente la tesi, ma a verificarne la bontà. O a trovarne una migliore.

Forti di questa convinzione, dobbiamo dire che il libro di Goleman presenta in modo convincente tesi molto impegnative. Impegnative sia come impatto sull'individuo, sia, sopratutto, come impatto sociale. Siamo convinti che nella nostra epoca abbiamo necessità di apprendere modi di interagire tra le persone che attenuino le possibilità di conflitto [19]. Altrimenti finisce con gli scenari tratteggiati dal saggio Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond, dove negli ultimi tredicimila anni la guerra e lo sterminio sono stati i normali modi di interagire tra popolazioni e culture diverse. Ed oggi, con l'avvento delle armi moderne [20], questi scenari non ce li possiamo più permettere.

Tornando al libro. È scritto, e tradotto, in modo lineare. L'uso della terminologia specialistica è ridotta al minimo. E, se è assolutamente necessario l'utilizzo di un termine particolare, il suo significato viene spiegato in modo comprensibile.

L'autore usa moltissimo una tecnica molto cara a chi scrive saggi in ambito psicologico e comportamentale: introduce l'argomento del capitolo con un breve sceneggiato che lo esplicita tramite attori. Nel caso di Goleman questi sceneggiati sono descrizioni di fatti realmente accaduti, presi dalla cronaca di tutti i giorni, o osservati durante gli esperimenti delle campagne di ricerca.

Se dovessimo proprio fare una critica all'autore, potremmo dire di averlo giudicato un po' prolisso. In alcuni casi ripete concetti già acquisiti. Ma non importa. Come nel caso di Chomsky, anche qui probabilmente vi è un occhio di riguardo alla didattica: un concetto ripetuto assume maggiore valenza e probabilmente viene memorizzato meglio.

Insomma: Daniel Goleman è un bravo divulgatore, e ci sentiamo di raccomandare caldamente la lettura di questo saggio. Anche se è piuttosto impegnativo. Tra l'altro, in libreria abbiamo visto che ne è uscita una edizione aggiornata.

Enjoy. ldfa


[1]Più che affiancando: avviluppando il tronco cerebrale.
[2]Stiamo parlando di millisecondi!
[3]In particolare l'amigdala, che sembra associare le emozioni ai ricordi.
[4]Misurato dal Qi.
[5]Il SAT è l'esame standard adottato dalle Università Statunitensi per l'ammissione dei candidati. Si basa su una serie di test di lettura/scrittura e di matematica.
[6]Ovvero la capacità di gestire con precisione e armonia i propri movimenti fisici.
[7]Gardner le chiama Intelligenza personale.
[8]O autoconsapevolezza, come preferisce chiamarla Goleman.
[9]É il concetto di temperanza dei Romani. O sophrosyne dei filosofi Greci.
[10]La memoria di lavoro ha sede nella corteccia prefrontale. Ha il compito di eseguire attività a breve termine. Ad es. ricordare temporaneamente due numeri da addizionare. E sembra essere il punto d'ingresso dei concetti che devono essere elaborati e confrontati con quelli acquisiti, localizzati nella memoria a lungo termine. Nota. Ricordiamo che la corteccia prefrontale è l'interfaccia tra talamo e sistema limbico. Quindi influenza, ed è influenzata, dal sistema limbico.
[11]Ovvero entusiasmo, fiducia in se stessi, ...
[12]Per gli anglosassoni: the zone.
[13]Sono le cosiddette norme di espressione, che si possono riassumere in tre atteggiamenti di base: minimizzare (non mostrare il sentimento), esagerare (amplificare artificiosamente il sentimento), sostituire (mostrare non il sentimento percepito, ma quello ritenuto opportuno).
[14]Goleman utilizza il termine ascolto per indicare la capacità di analizzare quanto detto con equilibrio, cogliendo il significato oggettivo, al di là dei toni e degli eventuali insulti. L'empatia invece va oltre: recepisce il sentimento dell'altro.
[15]PTSD: Post-Traumatic Stress Disorder, ovvero disturbo da stress post-traumatico.
[16]In pratica un vero e proprio riapprendimento degli eventi che hanno causato la paura. Usualmente è il sistema limbico stesso ad effettuarlo. Ma nel caso di PTSD questi meccanismi non funzionano più.
[17]Negli Stati uniti il 90% degli studenti alle superiori ha fatto uso di alcol, e il 14% finisce con il divenire alcolizzato. I cittadini americani che hanno provato la cocaina sono milioni, ma i dipendenti da essa sono meno del 5% della popolazione.
[18]Come il corso di Scienza del sé al Nueva Learning Center di San Francisco.
[19]Forse, in questo, siamo fortemente influenzati dai venti di guerra che stanno spirando in Ucraina al momento in cui scriviamo questo articolo (Febbraio 2022). Sembra di assistere ad una delle scene del libro di Goleman. Solo che qui gli attori del litigio non sono bambini a scuola o coniugi in famiglia. Sono statisti che hanno ai loro ordini truppe addestrate, armamenti avanzatissimi e, per finire, armi nucleari.
[20]Facciamo riferimento al nucleare, ma non solo. L'epidemia di Covid-19 ha dimostrato l'efficacia delle armi biologiche. Certo sono state poste fuori legge. Ma con le attuali conoscenze biogenetiche, tirare fuori dai laboratori un nuovo virus non è un obiettivo impensabile. Che dire poi dell'uso sempre più esteso dell'Intelligenza Artificiale nell'ambito dei sistemi d'arma? Stiamo parlando di sistemi che stanno lentamente (neanche tanto) evolvendo verso una sempre maggiore autonomia. Portandoci a ipotizzare inquietanti scenari alla Terminator. Sapete che molti ricercatori di robotica e intelligenza artificiale hanno firmato una lettera aperta per la messa la bando di armi offensive autonome?